Focus

L’ammonimento per atti persecutori

Con il D.L. n. 11/2009, convertito con modificazioni dalla Legge n. 38/2009, è stata introdotta, all’art. 612-bis del c.p., una nuova fattispecie criminosa denominata “atti persecutori”, con l’obiettivo di colmare un vuoto di tutela verso i comportamenti persecutori, assillanti ed invasivi della vita altrui, di cui sono vittime soprattutto, ma non esclusivamente, le donne.

Il delitto di atti persecutori (c.d. “stalking”) comprende comportamenti che in precedenza risultavano solo parzialmente tipizzati nelle preesistenti norme – “maltrattamenti in famiglia”, “minaccia”, “violazione di domicilio” “disturbo alle persone” ecc. – le quali certamente non esaurivano l’ambito di riferimento bisognoso di tutela penale.

Con l’art. 612 bis c.p. il legislatore ha ulteriormente connotato le condotte di minaccia e molestia, richiedendo che le stesse siano realizzate in modo reiterato e idoneo a cagionare almeno uno degli eventi indicati nel testo normativo (stato di ansia o di paura, timore per l’incolumità e cambiamento delle abitudini di vita).

Il delitto di atti persecutori, dunque, viene a configurarsi come reato abituale che produce un evento di “danno” (consistente nell’alterazione delle proprie abitudini di vita o in un perdurante e grave stato di ansia e di paura) ovvero, in alternativa, un evento di “pericolo” (consistente nel fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva).

Affinché venga integrato il requisito dell’abitualità occorre che la minaccia o la molestia avvenga con condotte reiterate nel tempo.

Il reato di cui all’art. 612 bis è un reato comune, potendo essere commesso da chiunque, a prescindere dal tipo di relazione con la persona offesa.

Il secondo comma dell’articolo prevede, però, una circostanza aggravante, sia ai fatti commessi dal coniuge separato soltanto di fatto, sia ai fatti commessi in costanza del rapporto di coniugio o affettivo.

Sotto il profilo processuale, il delitto di atti persecutori è procedibile a querela, il cui termine di presentazione è di sei mesi e la remissione può essere soltanto processuale. La querela è comunque irrevocabile. E’ prevista la procedibilità d’ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità.

Il D.L. n. 11/2009 disciplina anche la misura monitoria dell’ammonimento, allo scopo di garantire alla vittima di stalking una tutela rapida ed anticipata rispetto alla definizione del procedimento penale.

L’ammonimento è applicabile nei confronti di chiunque ponga in essere condotte astrattamente riconducibili al disposto dell’art. 612 bis, senza che sia necessaria l’acquisizione di prove circa la responsabilità penale del soggetto ammonito.

La ratio è quella di invitare a desistere da qualsiasi condotta vessatoria, anche sotto forma di minaccia e molestia, chiunque tenga un comportamento non conforme a legge; ciò indipendentemente dalla sussistenza di prove compiute sulla commissione di reati e dalla esistenza di pendenze penali a carico dell’interessato, essendo infatti sufficiente fare riferimento ad elementi dai quali è possibile desumere un comportamento persecutorio o gravemente minaccioso che, nel contesto delle relazioni affettive e sentimentali, possa degenerare e preludere a veri e propri comportamenti delinquenziali (TAR Campania, Sez. V. 27 febbraio 2014, n. 1249).

Ai fini dell’ammonimento non occorre che sia raggiunta la prova del reato di stalking bensì è sufficiente fare riferimento ad elementi dai quali sia possibile desumere, con sufficiente grado di attendibilità, un comportamento persecutorio che ha ingenerato nella vittima un perdurante e grave stato di ansia e di paura (T.R.G.A. Trentino-Alto Adige Trento, Sez. Unica, 3 aprile 2017, n. 119).

Si richiede, tuttavia, che l’emissione del provvedimento di ammonimento sia giustificata dalla sussistenza di elementi concreti e specifici che devono essere rigorosamente indicati.

Per questo motivo, il Questore deve soltanto apprezzare la fondatezza dell’istanza, formandosi il ragionevole convincimento sulla plausibilità e attendibilità delle vicende esposte, senza che sia necessario il compiuto riscontro dell’avvenuta lesione del bene giuridico tutelato dalla norma penale incriminatrice.

L’ammonimento è attivabile fino a quando non è stata presentata la querela.

Legittimata a sollecitare l’intervento dell’Autorità di pubblica sicurezza è soltanto la persona offesa.

Competente ad emettere il provvedimento di ammonimento è il Questore del luogo in cui si sono svolti i fatti.

Il Questore, assunte le necessarie informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, ove ritenga fondata l’istanza, ammonisce oralmente il soggetto nei cui confronti è stato richiesto il provvedimento, invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge.

Si redige processo verbale, la cui copia è rilasciata al richiedente l’ammonimento e al soggetto ammonito.

La comunicazione all’interessato dell’ammonimento può essere legittimamente delegata dal Questore ad un Ufficiale di pubblica sicurezza.

Entro trenta giorni dalla notificazione del provvedimento, l’interessato può presentare ricorso gerarchico, per motivi di legittimità o di merito, al Prefetto ovvero ricorso giurisdizionale, entro sessanta giorni, al competente Tribunale amministrativo regionale, o, ancora, in alternativa solo a quest’ultimo rimedio, entro centoventi giorni, il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica.