Focus

NOVITÀ PER I SINISTRI CAGIONATI DA ANIMALI SELVATICI

ULTIMI AGGIORNAMENTI SULLA LEGITTIMAZIONE PASSIVA E BREVE EXCURSUS SUI PRECEDENTI ORIENTAMENTI

A livello nazionale la legge 11\2\1992 n. l57 ha attribuito alle Regioni la competenza ad emanare norme che riguardino la gestione e la tutela della fauna selvatica nonché esercitare le relative funzioni programmatiche e di pianificazione; le Regioni hanno l’obbligo di predisporre misure idonee ad evitare che gli animali selvatici arrechino danni a persone e a cose, con la conseguenza che nell’ipotesi in cui si verifichino danni provocati dalla fauna selvatica, il cui risarcimento non sia previsto da apposite norme, ne rispondono tali Enti. Ne consegue che la Regione, obbligata ad adottare tutte le misure idonee ad evitare danni a terzi arrecati da tali animali, è responsabile se dei danni invece vengono cagionati ai veicoli in circolazione. (In tal senso costante giurisprudenza Cass. 13\12\1999 n. 13956,Cass 24.10.2003 n. 16008 e n. 13907 del 24.09.2002).

Deve perciò affermarsi, ormai in via consolidata, che il soggetto obbligato a risarcire il danno subito dall’attore non sia individuabile nella Provincia, ma piuttosto nella Regione nel cui territorio è avvenuto l’incidente (per quel che attiene al nostro territorio si cita Tribunale di Benevento, sentenza n. 2027/2019, GdP Sant’Angelo dei Lombardi sentenza n. 229/2018 del 15.06.2018, GdP di Avellino, sentenza n. 1647/2013, orientamento confermato per costante giurisprudenza nelle sentenze della Cassazione sez. III, del 21.02.2011 n. 4202 e del 28.12.2011 n. 29462).

Tanto sulla scorta che il rapporto che  si istituisce ex lege tra la Regione e la Provincia è, dunque, quello di una delegazione intersoggettiva che è istituto peculiare di diritto pubblico non assimilabile al mandato in virtù del quale l’ente investito in via originaria della competenza a provvedere in una determinata materia conferisce unilateralmente al altro ente, nell’ambito delle disposizioni di legge che lo autorizzano, una competenza derivata in ordine alla stessa materia in virtù della quale quest’ultimo diviene, nei confronti dei terzi medesimi, unico titolare delle situazioni soggettive, attive e passive, correlate all’esercizio delle attribuzioni delegate, così rispondendo in proprio delle obbligazioni ad esso connesse (Tribunale Santa Maria Capua Vetere sent. n. 514/2010). Invero, la potestà delle funzioni in materia rimane alla Regione che pertanto resta l’unico ente responsabile.

La Corte di Cassazione intervenuta più volte sul punto aveva aderito all’orientamento per cui anche in caso di delega di funzioni alle Province, la Regione risponde, ai sensi dell’art. 2043 c. c., dei danni provocati da animali selvatici (nella fattispecie potrebbe essere un cinghiale in attraversamento di una strada) a persone o a cose, il cui risarcimento non sia previsto da specifiche norme, a meno che la delega non attribuisca alle Province un’autonomia decisionale ed operativa sufficiente a consentire loro di svolgere l’attività in modo da poter efficientemente amministrare i rischi di danni a terzi e da poter adottare le misure normalmente idonee a prevenire, evitare o limitare tali danni. (Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 20 febbraio 2015, n. 3384).

L’orientamento vigente, ormai costante, ritiene quindi affermata la legittimazione passiva della Regione, in particolare nel presente articolo si fa riferimento alla Regione Campania, oltre che per le ragioni summenzionate anche alla luce della legge regionale 2015 n. 14.

La legge regionale della Campania, n. 14 del 2015, in particolare, all’art. 3, ha espressamente indicato quali siano le funzioni riallocate in capo alla Regione, quelle confermate in capo alle Province e quelle escluse dal riordino, prevedendo espressamente che: ” 1. Sono allocate alla Regione le seguenti funzioni non riconducibili alle funzioni fondamentali delle Province quali enti di area vasta di cui all’articolo 1, comma 85 della legge 56/ 2014: a) agricoltura, caccia e pesca. La Suprema Corte con una pronuncia abbastanza recente ha chiarito che tutti i danni lamentati a partire dal 2015 in poi prevedono che la Regione Campania abbia riallocato a sé le funzioni (di agricoltura, caccia e pesca, ecc.) (art. 3 legge 09/11/2015 n. 14)  non riconducibili alle funzioni fondamentali delle Province quali enti di vasta area di cui all’art. 1 comma 85 legge 56/2014, con conseguente sua legittimazione passiva a partire dalla entrata in vigore della legge regionale richiamata di riallocazione delle funzioni ovvero per gli eventi successivi al 25 novembre 2015.

Deve pertanto concludersi che, alle richieste di liquidazione di risarcimento per i danni cagionati da fauna selvatica, nell’ambito regionale campano, legittimata passivamente sia la Regione Campania e non le singole province. (Cass. Civile Ord. Sez. 3 Num. 9626 pubblicata 19.04.2018).

Ciò posto va messa in risalto una recentissima pronuncia della Cassazione, che è intervenuta per dirimere la questione inerente la legittimazione passiva della Regione, nello specifico se la stessa vada inserita nell’alveo della responsabilità ex art. 2043 c.c. ovvero 2052 c.c.

Ebbene la III sezione civile della Corte di Cassazione, con la sentenza depositata il 20 aprile 2020 n. 7969, ha definito che nell’azione di risarcimento dei danni cagionati da animali selvatici, la legittimazione passiva appartiene, in via esclusiva, alla Regione, ma ai sensi dell’art. 2052 c.c. e non più ex art. 2043 c.c. “La Regione potrà eventualmente rivalersi verso gli enti a cui sarebbe in concreto spettata, nell’esercizio di funzioni proprie ovvero delegate, l’adozione delle misure che avrebbero dovuto impedire il danno”.

Gli orientamenti precedenti si erano attestati sulla linea interpretativa della non applicabilità della presunzione prevista dall’art. 2052 c.c., ritenendola incompatibile con lo stato di libertà della selvaggina e pertanto facendo valere la responsabilità extracontrattuale di cui all’art. 2043 c.c., anche per quanto attiene all’onere della prova, con ciò richiedendo la presenza di un concreto comportamento colposo ascrivibile all’ente pubblico (Sez. 3, Ordinanza n. 5722 del 27/02/2019).

Con Ordinanza 4 gennaio 2001 n. 4 la Corte Costituzionale riteneva altresì non sussistere alcuna disparità tra il privato proprietario di un animale domestico cui si applica l’art. 2052 c.c. e la pubblica amministrazione, nel cui patrimonio sono ricompresi gli animali selvatici.

In tale prospettiva erano sorte diverse applicazioni di merito, sostenendo, in alcuni casi, che la Regione, anche in caso di delega di funzioni alle Province, fosse responsabile, ai sensi dell’art. 2043 c.c., dei danni provocati da animali selvatici a persone o a cose, salvo il dimostrare autonomia decisionale e operativa alle province tramite delega, tale da poter adeguatamente occuparsi anche dei rischi di danni a terzi e adottare tutte le misure di prevenzione ritenute utili;

In altri casi invece si decideva di valutare caso per caso se l’ente delegato fosse solo “nudus minister”.

Tale scelta veniva operata ritenendo che l’art. 2052 c.c. riguardasse gli animali domestici su cui è possibile esercitare la custodia che risulta invece impossibile per gli animali selvatici che vivono in libertà. Questa interpretazione non è stata accettata dal Collegio che con l’ultima pronuncia richiamata chiarisce che “ai fini del risarcimento dei danni cagionati dagli animali selvatici appartenenti alle specie protette e che rientrano, ai sensi della L. n. 157 del 1992, nel patrimonio indisponibile dello Stato, va applicato il criterio di imputazione della responsabilità di cui all’art. 2052 c.c. e il soggetto pubblico responsabile va individuato nella Regione, in quanto ente al quale spetta in materia la funzione normativa, nonché le funzioni amministrative di programmazione, coordinamento, controllo delle attività eventualmente svolte – per delega o in base a poteri di cui sono direttamente titolari – da altri enti, ivi inclusi i poteri sostitutivi per i casi di eventuali omissioni (e che dunque rappresenta l’ente che “si serve”, in senso pubblicistico, del patrimonio faunistico protetto), al fine di perseguire l’utilità collettiva di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema; la Regione potrà eventualmente rivalersi (anche chiamandoli in causa nel giudizio promosso dal danneggiato) nei confronti degli altri enti ai quali sarebbe spettato di porre in essere in concreto le misure che avrebbero dovuto impedire il danno, in quanto a tanto delegati, ovvero trattandosi di competenze di loro diretta titolarità”.

Va puntualizzato che con il preesistente orientamento risultava arduo per il danneggiato sia dover provare la condotta colposa dell’ente che individuare di volta in volta l’effettivo legittimato passivo cui avanzare le sue doglianze. Sulla scorta di questa equivoca situazione la Suprema Corte ha statuito che il criterio di imputazione della responsabilità per i danni cagionati dagli animali individuato nell’art. 2052 c.c. non è esplicitamente limitato agli animali domestici, ma piuttosto si riferisce a animali di proprietà o di utilizzazione da parte dell’uomo.

Pertanto non richiede letteralmente una situazione di effettiva custodia dell’animale, poiché dal tenore della norma si evince che la responsabilità del proprietario o dell’utilizzatore sussiste sia che l’animale si trovi sotto la sua custodia, sia in caso di smarrimento o fuga, salvo l’ipotesi del caso fortuito. Alla luce di queste premesse può ritenersi applicabile anche alle Regione per i danni cagionati dalla fauna selvatica il regime oggettivo di imputazione della responsabilità di cui all’art. 2052 c.c.

In particolare, spiega la sentenza, poiché la proprietà pubblica delle specie protette è in sostanza disposta in funzione della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, che avviene anche attraverso la tutela e la gestione di dette specie, mediante l’attribuzione alle Regioni di specifiche competenze normative e amministrative, nonché di indirizzo, coordinamento e controllo (non escluso il potere di sostituzione) sugli enti minori titolari di più circoscritte funzioni amministrative, proprie o delegate, si determina una situazione che è equiparabile (nell’ambito del diritto pubblico) a quella della “utilizzazione” degli animali da parte di un soggetto diverso dal loro proprietario, ai fini dell’art. 2052 c.c.:. Tale soggetto, in base alle disposizioni dell’ordinamento in precedenza richiamate, va individuato certamente, ed esclusivamente, nelle Regioni, dal momento che sono le Regioni gli enti territoriali cui spetta, in materia, non solo la funzione normativa, ma anche le funzioni amministrative di programmazione, coordinamento, controllo delle attività eventualmente svolte (per delega o in base a poteri di cui sono direttamente titolari) da altri enti, ivi inclusi i poteri sostitutivi, per i casi di eventuali omissioni.

Chiaramente l’onere della prova grava sempre sull’attore che dovrà dimostrare la dinamica del sinistro, il nesso causale tra la condotta dell’animale e l’evento dannoso, che il danno è stato causato dall’animale selvatico e l’appartenenza dell’animale stesso ad una delle specie oggetto della tutela di cui alla L. n. 157 del 1992 e/o comunque che si tratti di animale selvatico rientrante nel patrimonio indisponibile dello Stato.

Non basta dimostrare quindi la presenza dell’animale sulla carreggiata né solo che vi sia stato impatto col veicolo, dovendo invece provare che nonostante una condotta di guida rispettosa di tutte le cautele, l’imprevedibile presenza dell’animale ha impedito l’evitarsi dell’impatto, divenendone la sola ed esclusiva causa del danno.

L’onere che grava sulla Regione invece è la dimostrazione ai sensi dell’art. 2052 c.c., del caso fortuito, per liberarsi dalla responsabilità del danno cagionato dalla condotta dell’animale selvatico. In conclusione la prova liberatoria consisterà nel dimostrare che la condotta dell’animale (che l’attore abbia dimostrato essere animale selvatico) si sia posta del tutto al di fuori della sfera di possibile controllo dell’Ente, in maniera da rendere la causazione del danno un evento eccezionale, imprevedibile ed inevitabile, anche mediante l’adozione delle più adeguate e diligenti misure di gestione e controllo della fauna.

Avv. Giuseppina Russo