Focus, Responsabilità Medico - Sanitaria

Condannato per omicidio colposo il medico che omette i controlli necessari

Risponde di omicidio colposo il medico che omette di eseguire o disporre controlli e accertamenti doverosi ai fini di una corretta diagnosi

 

Un particolare profilo di responsabilità del medico ricorre allorquando questi ritardi, ometta o fallisca la corretta diagnosi della patologia che affligge il paziente.  Tra le ipotesi più diffuse dell’errore diagnostico rientrano, ad esempio, la mancata o ritardata individuazione di patologie neoplastiche o tumorali, l’omessa o intempestiva diagnosi di malformazioni o patologie nel feto o l’errata interpretazione dei sintomi di eventi quali ictus, infarto o infezioni che possono portare il paziente a risultati, in taluni casi, devastanti. Nei casi in cui dall’omessa, erronea o ritardata diagnosi sia derivata la morte del paziente, la giurisprudenza, sia di legittimità che di merito, ai fini della configurazione della responsabilità del medico, pacificamente ritiene necessaria e sufficiente la individuazione del nesso di causalità tra questa e l’esito fatale occorso.

Da molti esempi clinici e giudiziari emerge, però, un dato certo: una parte consistente degli errori medici è determinata da una diagnosi frettolosa, superficiale e poco professionale, alla quale consegue, inevitabilmente, un intervento terapeutico insufficiente e dagli esiti, nei casi più sfortunati, nefasti.

La Corte di Cassazione ha a tal proposito elaborato un principio di diritto, ormai consolidato nella prassi, a mente del quale l’errore diagnostico si configura non soltanto quando in presenza di uno o più sintomi non si riesca ad inquadrare il caso clinico in una patologia nota alla scienza o si addivenga ad un inquadramento errato della stessa, ma anche quando si ometta di disporre od eseguire accertamenti prudenzialmente doverosi ai fini di una corretta formulazione della diagnosi (cfr., da ultimo, Cass. pen., Sez. 4, sentenza n. 13127 del 01.04.2016).

Invero, frequentemente accade che non sia possibile inquadrare univocamente una patologia, atteso che la stessa sintomatologia può essere comune a diverse malattie rientranti in branche diverse della medicina (c.d. diagnosi differenziale).

In questi casi, la Corte ha stabilito che, fino a quando il dubbio diagnostico non sia stato risolto, il medico che si trovi di fronte alla possibilità di diagnosi differenziale non deve accontentarsi del raggiunto convincimento di aver individuato la patologia esistente quando non sia in grado, in base alle conoscenze dell’arte medica da lui esigibili, di escludere la patologia alternativa, proseguendo gli accertamenti diagnostici e gli accertamenti necessari.

Nel caso affrontato dalla Suprema Corte nelle citata sentenza, al contrario, il trattamento posto in essere dal medico imputato, conseguente a una diagnosi errata e superficiale, in quanto non preceduta dai necessari accertamenti, determinava un intervento insufficiente e l’esito letale della paziente, avvenuto a causa di infarto.  Evento che, ad avviso della Corte, si sarebbe potuto evitare se il medico avesse attentamente valutato i gravi sintomi sussistenti già dalla prima visita della paziente che avrebbero dovuto allarmare il sanitario e indurlo ad un diverso comportamento, oltre ad indirizzarlo facilmente verso la diagnosi di infarto. Si impone, pertanto, l’affermazione di penale responsabilità dello stesso in ordine al delitto di omicidio colposo.