Contenzioso Bancario e Finanziario, Focus

Sulla cd. nullità selettiva nei contratti bancari decideranno le S.U.

La giurisprudenza, sia di merito che di legittimità, ha avuto modo di occuparsi in diverse occasioni della nullità del contratto-quadro per difetto del requisito della forma scritta ad substantian imposta dall’art. 23 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo Unico della Finanza) e del rapporto tra l’invalidità di tale contratto e gli ordini di acquisto che ne rappresentano esecuzione.

I profili maggiormente problematici sono due: da un lato, quello concernente la validità del contratto monofirma, sottoscritto dal cliente ma non anche dall’intermediario; dall’altro, quello relativo alla possibilità per il cliente di selezionare il rilievo della nullità, colpendo solo alcuni ordini di acquisto (cd. nullità selettiva).

Sulla validità del contratto monofirma, a gennaio di quest’anno, si è pronunciata la Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite, la quale si è discostata dall’orientamento manifestato in precedenza dalle Sezioni Semplici che, nella maggior parte dei casi, ne avevano dichiarato la nullità sul presupposto che l’art. 23 d.lgs 58/1998 impone un requisito di forma bilaterale ad substantiam (Cass. sent. nn. 5919/2016; 7068/2016; 8395 e 8396/2016; 10331/2016; 36/2017). Le S.U. hanno affermato il seguente principio di diritto: «Il requisito della forma scritta del contratto-quadro relativo ai servizi di investimento, disposto dal D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 23, è rispettato ove sia redatto il contratto per iscritto e ne venga consegnata una copia al cliente, ed è sufficiente la sola sottoscrizione dell’investitore, non necessitando la sottoscrizione anche dell’intermediario, il cui consenso ben si può desumere alla stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuti» (S.U., sent. n. 898 del 2018).

La ricostruzione ermeneutica della Corte si muove nell’ambito del neoformalismo, per cui il requisito di forma viene interpretato alla luce della funzione assolta dalla norma anziché attraverso il mero richiamo alla disciplina codicistica in tema di nullità. Infatti, la nullità ex art. 23 d.lgs 58/1998, riconducibile nell’ambito delle cd. nullità di protezione, si differenzia dalla nullità di cui agli artt. 1418 c.c. ss.: mentre quest’ultima è volta a tutelare interessi generali e superindividuali, la cd. nullità di protezione è posta a presidio di interessi settoriali e specifici, propri del soggetto economicamente debole, ed è destinata ad operare nel caso di violazione di un divieto di condotta abusiva ad opera del contraente forte. Nel caso specifico, poiché la forma scritta ha lo scopo di assicurare che il cliente, nel momento di stipulazione del contratto, sia edotto su ogni aspetto della regolamentazione contrattuale, acquisendo piena conoscenza dei termini dell’accordo «di modo che possa esprimere un consenso consapevole alla stipula del contratto» (Cass, sez. I, ord. n. 10447/2017), è evidente – nel pensiero della Corte – che la cd. forma informativa raggiunge il suo obiettivo anche senza la sottoscrizione del contratto-quadro ad opera dell’intermediario, che non incide in alcun modo sulla funzione di protezione.

L’interpretazione della Corte circoscrive l’ambito della tutela privilegiata nei limiti in cui essa è necessaria per preservare l’interesse settoriale oggetto di tutela, evitando interpretazioni che potrebbero condurre a «conseguenze distorte o anche opportunistiche».

La validità del contratto monofirma è stata successivamente ribadita dalla Cassazione con le sentenze a Sezioni Unite nn. 1200, 1201, 1653 del 2018; in tali occasioni, i Giudici non hanno avuto modo di pronunciarsi sull’altra questione, dichiarata assorbita, relativa alla cd. nullità selettiva.

La necessità di un intervento nomofilattico sulla cd. nullità selettiva era stato ribadito in diverse pronunce successive alle sentenze del 2018 (Cass. Sez. I, ord. n. 10116 del 2018) nelle quali, tuttavia, la remissione alla Corte nella sua composizione più alta risultava impedita dall’inconferenza della questione rispetto al caso dedotto in giudizio.

Oggi sembrano esserci i presupposti per un intervento delle Sezioni Unite; infatti, lo scorso 9 ottobre, con ordinanza n. 23927, la I Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione ha rimesso la causa all’esame del Primo Presidente per valutare l’eventuale remissione alle Sezioni Unite della «questione di massima di particolare importanza concernente la possibilità per l’investitore di fare un uso selettivo della nullità del contratto-quadro, limitandone gli effetti solo ad alcune delle operazioni poste in essere in esecuzione del rapporto dichiarato nullo».

Sulla cd. nullità selettiva si sono sviluppati due diversi orientamenti. Secondo una prima ricostruzione, più favorevole al cliente, questi potrebbe eccepire la nullità, «coerentemente con l’interesse sostanziale dedotto in giudizio» (Cass. Sez I, sent. n. 8395 del 2016), selezionando gli ordini di acquisto per lui dannosi e lasciando intatti gli altri, trattandosi di cd. nullità di protezione, necessariamente parziale, che può essere fatte valere unicamente dal soggetto titolare dell’interesse protetto ed ex officio dal giudice, allorquando la nullità operi a vantaggio esclusivo del soggetto nel cui interesse è posta dal legislatore (sulla rilevabilità d’ufficio S.U., sent. n. 26242 del 2014). L’altro orientamento, meno favorevole per il cliente e più attento all’esigenza di scongiurare un uso opportunistico della normativa posta a tutela del contraente debole, considera la cd. nullità selettiva in contrasto con i principi di buona fede e correttezza (artt. 1175 e 1375 c.c.): infatti, il cliente, facendo valere in maniera pretestuosa la nullità ex art. 23 d.lgs 58/1998, e selezionando solo alcuni degli ordini di acquisto, potrebbe agire al solo scopo di riversare sull’intermediario il risultato di operazioni di investimento rivelatesi economicamente sconvenienti. Pertanto, contro l’abuso della normativa di protezione perpetrato dal cliente, l’intermediario può opporre l’exceptio doli generalis «quale strumento volto ad ottenere la disapplicazione delle norme positive nei casi in cui la rigorosa applicazione delle stesse risulterebbe – in ragione di una condotta abusiva – sostanzialmente iniqua» (Cass. Sez. I, ord. n. 12388, 12389, 12390 del 2017 contra Cass. Sez I, sent. n. 10116/2018 ad avviso della quale tale eccezione presupporrebbe pur sempre la valida esistenza del contratto-quadro).

Nella sentenza n. 898 del 2018, l’interpretazione teleologicamente orientata del requisito di forma, che ha condotto la Corte ad assumere una posizione solo all’apparenza meno garantista, sembra, in qualche modo, sottintendere il secondo orientamento, laddove valorizza la ratio della nullità scongiurandone l’eventuale uso opportunistico. Tuttavia, la questione oggetto dell’ordinanza di remissione trascende il caso di contratto monofirma in quanto nella cd. nullità selettiva «specifici profili della contrattazione finanziaria incrociano profili più generali del diritto delle obbligazioni (regime di nullità di protezione, sanabilità del negozio nullo, opponibilità delle eccezioni di buona fede e correttezza)» (Cass. Sez I, ord. n. 23927 del 2018).

Spetterà alle Sezioni Unite ricostruire gli effetti della nullità del contratto-quadro per difetto della forma scritta che la parte ha inteso limitare ai soli investimenti dedotti in lite, ricercando un equilibrio tra la tutela degli investimenti operati dal privato e la tutela dell’intermediario.